Peregrinatio San Giovanni XXIII
Testimonianza di s. Em. il cardinale Giovanbattista Re
Bergamo 1° giugno 2018
Papa Giovanni XXIII è ritornato in terra bergamasca, qui dove iniziò la sua lunga vicenda umana e spirituale. E’ ritornato per una breve sosta nei luoghi dove ha mosso i suoi primi passi, dove ha fatto le prime esperienze umane e religiose, dove ha ricevuto quella formazione umana, culturale e religiosa che lo ha sostenuto nell’intera sua vita.
Alla terra bergamasca egli si è sempre sentito legato e sempre l’ha portata nel cuore e volentieri. Vi ritornava quando gli era possibile.
Come ricordano gli anziani, egli quando camminava per le vostre strade si interessava con simpatia dei problemi quotidiani della gente, si fermava a salutare chi incontrava nel
cammino, ad ascoltare i bambini, a dire una parola di incoraggiamento con una bontà che conquistava simpatia.
Sono molto lieto di poter ricordare questo grande Papa in questa prestigiosa Università, nel quadro delle celebrazioni del 50° della sua fondazione. Con intensità di sentimento formulo per questa Università l’augurio che i Latini esprimevano con tre parole, cariche di significato e di auspicio: vivat, crescat et floreat.
Rivolgendo il mio cordiale saluto agli studenti universitari che qui si preparano al loro futuro, vorrei incoraggiarli nel loro impegno di studio e di formazione, ricordando loro che gli anni in cui si frequenta l’Università sono decisivi per il proprio futuro. Il proprio avvenire nella vita non si attende come si attende un treno o come si aspetta una corriera. Ognuno deve costruirsi il proprio futuro e al riguardo gli anni dell’Università sono incomparabilmente importanti e decisivi. A tutti il mio augurio più cordiale. Estendo il mio affettuoso augurio anche ai sacerdoti qui presenti, che parimenti saluto con simpatia e sincera amicizia.
Molte cose interessanti si potrebbero dire di Papa Roncalli ma mi limito ad alcune dimensioni fondamentali.
1. Fu uomo di bontà straripante
Qual è il segreto dell’incontenibile simpatia che Papa Roncalli ha suscitato in uomini e donne di ogni nazione, di ogni condizione sociale e perfino di differente indirizzo religioso o politico? Il Papa nativo di Sotto il Monte ha affascinato grandi e piccoli con la sua straripante bontà, manifestata anche compiendo gesti di affetto spontaneo e toccante, come quando la sera dell’apertura del Concilio disse alla gente in Piazza San Pietro di fare una carezza ai propri bambini, ritornando a casa, e di dire loro che era la “carezza del Papa”.
L’umanità ha sete di bontà, di amore, di calore umano e quando trova questi valori vissuti con l’intensità che fu propria di Papa Roncalli, l’ammirazione e la simpatia erompono spontanee.
La bontà con la quale Papa Giovanni XXIII ha conquistato il mondo è stata avvantaggiata da un carattere felice, sereno e ottimista quale era il suo, ma non si deve dimenticare che quel carattere era il risultato di un impegno e di uno sforzo continuo di virtù personale, attinta alla scuola del Vangelo. In altre parole, il suo modo di essere e di vivere era frutto di una profonda vita di preghiera e dello sforzo ascetico di migliorare se stesso, appresi in famiglia nei primi anni e poi fatti maturare e crescere in questa diocesi di Bergamo, e in particolare negli anni di seminario.
Quando era Nunzio in Bulgaria, scrisse ai suoi genitori: “Da quando sono uscito da casa, a poco più di 10 anni, ho letto molti libri ed ho imparato molte cose che Voi non potevate insegnarmi. Ma quelle poche che ho appreso da Voi sono ancora le più preziose e le più importanti e sorreggono e danno valore alle molte altre che appresi in seguito”.
Con la sua bontà Roncalli – da Nunzio, da Patriarca di Venezia e poi da Papa – riuscì a risolvere molti problemi, perché la sua bontà apriva le porte al dialogo e questo aiutava a trovare le giuste soluzioni.
Egli era convinto che, per quanto una persona umana fosse incline al male, permaneva in lei sempre un raggio di bontà e una componente di umanità. In ogni uomo e in ogni donna – diceva – vi è qualche cosa di buono, anche in coloro che sembrano più cattivi. Per questo egli aveva fiducia non solo in Dio, ma anche negli uomini.
Papa Roncalli non era così ingenuo da credere che la bontà potesse risolvere tutti i problemi, ma sapeva che la bontà apre i cuori al dialogo, al mutuo rispetto, alla sincerità e alla comprensione della verità e del bene e, di conseguenza, aiuta a trovare soluzioni ai problemi.
La bontà di Papa Roncalli ha poi avuto grande successo, perché era accompagnata da saggezza e da buon senso. E’ stata una bontà illuminata da una intelligenza che seppe sempre guardare lontano. Quando Roncalli divenne Papa, diede origine a iniziative che hanno commosso il mondo, prima fra tutte l’indizione del Concilio.
Egli cercò sempre di avere rapporti di cordiale amicizia anche con persone lontane dalla Chiesa e dalla fede cristiana. Nella sua vita fu certamente un costruttore non di muri, ma di ponti. Nel corso degli anni egli ha avvicinato ogni persona con stima, con fiducia e con speranza, cercando di dire a tutti una buona parola.
2. Un soffio di aria nuova
La sua elezione a Papa ha rappresentato un soffio di aria nuova e vivificante nella Chiesa e nel mondo.
Fu un Papa dalle molte sorprese e di uno stile originale. L’indizione di un Concilio Ecumenico sorprese tutti. Fu un’idea provvidenziale e fu un’iniziativa che ha segnato la storia. Le sue due memorabili Encicliche “Mater et Magistra” e “Pacem in terris” hanno lasciato un segno profondo nella Chiesa e nel mondo e possono essere considerate come due specie di ponti verso tutti gli uomini di buona volontà sui temi dell’economia, del lavoro, della giustizia sociale e della pace. Il Suo pontificato è stato un dono grande per la Chiesa, ma, in questa vostra Università, vorrei mettere in luce che il suo pontificato è stato un dono grande anche per il mondo, al quale Papa Giovanni ha saputo parlare di Dio, ma anche di fratellanza, di giustizia sociale e di pace.
Il periodo del Suo pontificato (1958-1963) fu turbato da pericolose tensioni tra i popoli, che in quegli anni avevano intensificato la corsa agli armamenti ed avevano ripreso gli esperimenti nucleari, moltiplicando le bombe atomiche tenute in riserva, ma anche pronte per essere usate in caso di necessità.
Nell’ottobre del 1962 il mondo si trovò sull’orlo di una guerra, che avrebbe avuto conseguenze drammatiche, perché l’Unione Sovietica aveva installato a Cuba postazioni di missili atomici, puntati contro gli Stati Uniti, capaci di colpire per la prima volta la popolazione americana nel suo territorio. I satelliti americani riuscirono a scoprire e fotografare le rampe missilistiche e i missili preparati.
Gli Stati Uniti intimarono subito all’Unione Sovietica il ritiro immediato dei missili da Cuba e dall’Oceano Atlantico.
Qualche giorno dopo, il 22 Ottobre 1962, il Presidente Kennedy rivolse alla nazione il famoso discorso, con il quale dette notizia al mondo dell’operazione compiuta dall’Unione Sovietica e intimò pubblicamente l’altolà ai Sovietici. In pari tempo diede ordine ai propri militari di procedere al blocco navale nell’Atlantico.
La preoccupazione nel mondo fu forte. Si capì subito che si era ad un passo dalla terza guerra mondiale. Il bisogno di salvare il prestigio che avevano sia l’Unione Sovietica sia gli USA poteva portare a conseguenze disastrose.
C’era di mezzo anche il prestigio personale dei due “K”, come si diceva in gergo giornalistico: Kennedy e Krusciov. Si seppe inoltre che nell’Atlantico navigavano verso gli Stati Uniti alcune navi che trasportavano missili sovietici. Bastava un nulla e sarebbe stata la guerra, una guerra nucleare! Papa Giovanni XXIII fece il famoso appello ai due Capi di Stato interessati, chiedendo che ogni sforzo fosse fatto per evitare un conflitto mondiale.
Questo intervento di Papa Giovanni XXIII alla Radio Vaticana, apprezzato da tutti, non lasciò indifferente Nikita Krusciov, quando ne prese conoscenza.
L’On. Amintore Fanfani, che in quel momento era Presidente del Consiglio, stette in quei giorni in contatto col Sostituto della Segreteria di Stato e, in appoggio all’appello del Papa, fece una proposta pratica che risultò di aiuto. Fanfani capiva la necessità di aiutare la Russia a salvare la faccia nella decisione di fare marcia indietro, ritirando i missili da Cuba. Ebbene, Fanfani sapeva che nelle Puglie erano stati segretamente installati, sotto l’egida dell’ONU, postazioni missilistiche americane con le quali si poteva raggiungere il territorio dell’Unione Sovietica con missili a lunga gittata. Fanfani propose agli Stati Uniti il ritiro dalle Puglie delle postazioni missilistiche americane, contemporaneamente al ritiro da parte della Russia dei missili installati a Cuba.
La proposta di Fanfani fu accolta dagli Stati Uniti e subito comunicata a Krusciov. E così la Russia smantellò le postazioni missilistiche a Cuba. Le navi sovietiche che navigavano nell’Atlantico invertirono la rotta.
Contemporaneamente gli americani tolsero dalle Puglie le loro rampe missilistiche.
Come rileva il Dott. Ettore Bernabei nel volume “L’Italia del miracolo e del futuro” (pag.126), in questo frangente Fanfani ebbe il merito di aver offerto una proposta utile.
Papa Giovanni XXIII avallandola col suo carisma, le dette un peso che non avrebbe avuto se fosse venuta solamente dal Governo Italiano.
In quel frangente unanime fu il riconoscimento che Papa Giovanni XXIII aveva avuto un ruolo decisivo per la soluzione pacifica di questa crisi.
3. Inizio della “Ostpolitik”
L’aria nuova e vivificante che la figura di Papa Roncalli portò al mondo riuscì a penetrare anche al di là della Cortina di ferro. La calda umanità del nuovo Papa, il suo amore fiducioso, il suo anelito di pace e di fraternità conquistarono gli animi. Le parole del Papa incominciarono a trovare ascolto anche oltre la “cortina di ferro”.
La situazione dal punto di vista religioso nei Paesi oltre la “cortina di ferro” era desolante. Dal 1948 infatti era venuta a mancare ogni possibilità di contatto tra la Santa Sede e i Paesi dell’Est (Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Polonia, Bulgaria, Jugoslavia). In tali Paesi la situazione religiosa andava progressivamente deteriorandosi. In ognuno di essi era in atto una lotta contro la religione cattolica: molte diocesi erano rimaste senza il Vescovo, l’assistenza spirituale ai fedeli era ostacolata e limitata.
La situazione non era la stessa in tutti i Paesi. In una Nazione come la Polonia il regime non riuscì mai a scalfire la grande fedeltà di quel popolo alla fede cattolica.
In Cecoslovacchia era andata sviluppandosi una Chiesa clandestina, ma – come scriveva il Cardinale cecoslovacco Stefan Trochta – le forze della Polizia del Regime rendevano difficile per non dire impossibile l’attività di detta Chiesa clandestina.
Con l’arrivo al Pontificato di Papa Giovanni XXIII le cose incominciarono a cambiare, grazie al nuovo clima creato dal Papa bergamasco e grazie ad alcuni gesti di cortesia, come
l’Udienza concessa da Papa Roncalli ad Adjubey, accompagnato dalla moglie, che era figlia di Krusciov. Piccoli gesti che assunsero grande significato.
Sta di fatto che Papa Roncalli riuscì ad ottenere che l’Unione Sovietica permettesse ad alcuni Vescovi dei Paesi del Patto di Varsavia di poter venire a Roma nell’ottobre 1962, per partecipare al Concilio Vaticano II. Ottenne perfino che alcuni Rappresentanti del Patriarcato di Mosca assistessero come Osservatori al Concilio.
Il nuovo clima di rapporti con l’Unione Sovietica permise al Cardinal Konig di potersi recare a Budapest nell’aprile del 1963 per fare visita al Cardinal Mindszenty, rifugiato nella
sede dell’Ambasciata Americana.
Subito dopo (cioè 2 mesi prima di morire) il Papa chiese all’allora Mons. Agostino Casaroli, Sotto Segretario della Segreteria di Stato, di recarsi a Budapest, dove giunse il 3 maggio, e poi a Praga, dove arrivò il 9 dello stesso mese.
Nei rapporti che Mons. Casaroli ebbe con le Autorità locali due furono i temi toccanti: i problemi della Chiesa locale, che necessitava di poter svolgere la sua missione, e poi l’opera
del Papa e della Santa Sede in un mondo alla ricerca di pace e di progresso. A Budapest Mons. Casaroli poté incontrare il Card. Mindszenty, oltre che le Autorità ungheresi.
Quando il 16 maggio Mons. Casaroli ritornò a Roma, Papa Roncalli stava già da alcuni giorni a letto per la malattia ormai in fase avanzata. Il Papa lo ricevette stando a letto.
Mons. Casaroli gli riferì sugli incontri avuti.
Papa Roncalli commentò: “Non bisogna aver fretta né farsi illusioni; ma dobbiamo continuare, confidando nel Signore”. Pochi giorni dopo (3 giugno) il Papa moriva, ma aveva aperto una porta che negli anni seguenti permetterà alla Chiesa dell’Est di non morire.
Il premio Balzan per la pace, che nel marzo 1963 era stato assegnato a Papa Giovanni XXIII, fu un prestigioso riconoscimento che interpretava il vasto e caloroso consenso per quanto il Papa aveva fatto per la pace e sul piano del suo insegnamento e della sua opera a favore della fraternità fra tutti i popoli.
4. Papa che guardava al futuro
Questa maestosa Basilica, che serve come Aula Magna dell’Università di Bergamo, ci ricorda un pensiero che era caro a Papa Roncalli: per progettare bene il futuro e poi costruirlo solidamente, non dobbiamo dimenticare il passato. ”Il mondo – diceva scherzando con i giovani – non è incominciato con voi”. Le pietre di questa Basilica parlano di un passato che non passa e ci ricordano che le origini dell’Europa sono fondate su numerose Abbazie che nei secoli offrirono un contributo non piccolo nel campo culturale e sociale. Esse crearono un importante tessuto connettivo e unitivo, che alimentò il pensiero e l’arte. Tanto che Goethe diceva che “la lingua materna dell’Europa è il cristianesimo”.
Papa Giovanni XXIII condivideva il pensiero dei tre grandi pionieri dell’Europa: De Gasperi, Adenauer, Schuman, che furono grandi statisti e uomini animati dalla fede cristiana, che seppero integrare il senso della storia e degli ideali. Essi pensavano ad un’Europa composta da Paesi con lingue e tradizioni diverse, ma uniti dalla medesima fede cristiana (cattolica, ortodossa e luterana). Anche se, anni dopo, scrivendo il progetto di costituzione europea, qualcuno ostinatamente volle non menzionare le radici cristiane, resta innegabilmente vero il contributo che l’Europa deve al cristianesimo.
E’ stato un errore negare quanto è scritto nella storia e anche nelle pietre di tante Abbazie e Cattedrali disseminate nell’intera Europa. Senza il cristianesimo l’Europa non sarebbe quello che è.
Il cammino dell’Europa unita e pacificata continua, anche se dopo l’entusiasmo della prima fase, si sta vivendo un rallentamento e un affievolimento.
L’Unione Europea si trova oggi ad affrontare una serie di crisi senza precedenti nella storia: crisi globali, crisi geopolitiche, crisi sociali (basti pensare al problema della disoccupazione) e anche crisi trasversali come il problema della sicurezza e del terrorismo. Se le Nazioni Europee vogliono fare fronte alle sfide odierne, potranno avere successo soltanto se lo faranno insieme. Il nostro mondo globalizzato ha bisogno di una Unione Europea compatta e forte.
L’Europa ha tanti meriti per il passato: ha esportato negli altri continenti civiltà, cultura, arte, musica, progresso scientifico, ecc…. Le grandi scoperte scientifiche dei secoli passati sono tutte avvenute in Europa e da qui si sono diffuse nel mondo. Oggi il mondo ha bisogno di un’Europa che torni a contare, e l’Europa ha bisogno di un’anima. In questi anni c’è stato un grande progresso scientifico ed economico, per cui la vita è diventata più confortevole, ma le energie morali e spirituali non sono cresciute.
Al riguardo un Autore tedesco, morto verso la fine del secolo scorso, Michael Ende, diceva: “in questi anni siamo andati così rapidamente avanti, che ora abbiamo bisogno di sostare un attimo per consentire alle nostre anime, che sono rimaste indietro, di poterci raggiungere”.
Il cielo dell’Europa deve restare aperto alla trascendenza: questa è la via per un autentico sviluppo e per una società più giusta, più umana e più pacifica. L’augurio è che la Peregrinazione della salma di Papa Giovanni XXIII nei luoghi a Lui cari in terra bergamasca dica a tutti che solo le vie della bontà, della verità, della giustizia e della fraternità possono portare a un futuro migliore.
Concludo. Grande è l’insegnamento che ci viene da questo Papa, che nella sua esistenza è stato attento ai segni dei tempi ed ha così aperto una nuova era alla Chiesa.
Bergamo deve essere fiera di avere dato alla Chiesa e al mondo Papa Roncalli che ha insegnato a tutti che l’umanità ha bisogno soprattutto di amore e di bontà; un Papa che ha aiutato a far crescere nel mondo l’impegno per la pace, la quale – come disse nella Pacem in terris – per essere vera deve essere fondata su quattro pilastri: la libertà, la verità, la giustizia e l’amore.
Ispirandomi a una espressione del Card. Capovilla, direi: onore e gloria a Papa Roncalli che ha aperto il Concilio Vaticano II; benedetto sia questo Papa che ha dato al mondo l’immagine della bontà ed ha indicato a tutti che la sola strada che conduce ad un futuro migliore è la via della verità, della giustizia, della solidarietà e dell’amore.
Benedetto Papa Roncalli che ha invitato a camminare coi piedi su questa terra portando in cuore sentimenti di bontà verso tutti e sapendo elevare gli occhi al Cielo.
La sua testimonianza non sia dimenticata e illumini il cammino dell’umanità.
Card. Giovanni Battista Re