Mons. Bruno Fasani
Buona sera a tutti e vi dico “perdonatemi in anticipo” perché non so se riuscirò a dirvi qualcosa di importante e di utile questa sera! Mentre mettevo in ordine qualche idea mi chiedevo: ”Ma tu, Bruno, hai imparato cosa vuol dire amare? So insegnare ad amare?”.
È sempre difficile in questo momento storico parlare di amore, perché oggi abbiamo finito per ridurre questo concetto a qualche opera buona.
Pensate poi oggi quando si continua a dire “far l’amore” come se fosse un’attività fisica!
L’amore non si fa, si diventa amore e quindi l’amore è un fatto interiore. Oggi l’abbiamo banalizzato, l’abbiamo reso un’azione, un qualcosa di banale.
Ai figli dobbiamo insegnare qual è la sorgente della gioia, non parlare loro di soldi, perché nella vita abbiano a imparare a chiedersi non quanto vale una cosa, ma che valore ha! Oggi crediamo che quello che è la sorgente dell’amore sia in qualche maniera acquistabile!
Una frase scritta da Pietro Pisarra dice: “Abbiamo perso i sensi, li abbiamo persi quasi senza accorgercene, proprio quando tutto intorno a noi sembrava indicarci il loro trionfo: il culto del corpo, l’esagerazione della sensualità, in una frenesia di consumi, di viaggi, di esperienze”.
Inondati dalle immagini, storditi dai rumori, abbruttiti dalla banalità e dalla volgarità, anestetizzati dai deodoranti e dai profumi, intontiti dai tranquillanti… ci siamo trovati da un giorno all’altro con una sfilza di protesi sofisticate: cellulari, palmari, macchine fotografiche… sempre più insensibili, estranei al dolore degli altri e tuttavia pronti a versare una lacrima di compassione quando la morte diventa spettacolo.
Viviamo in una società che sta esaltando a dismisura i sensi, ma abbiamo perso di vista i sensi interiori. Domani mattina, come tutti i mercoledì, salirò sulla metropolitana. Non ho mai visto un giovane che mi abbia detto: “Nonno, vuole il mio posto?”.
Non è per cattiveria, ma tutti hanno un ripiegamento su se stessi, sui loro cellulari, in una grande solitudine. A modo loro stanno sollecitando i loro sensi: l’udito, la vista, il tatto… ma quelli che dovrebbero essere i sensi interiori di una persona, quelli che portano a voler bene, alle relazioni… sono stati messi a tacere.
Oggigiorno la sessualità è diventata una questione di pelle, invece dovrebbe essere una comunione fra due persone che si mettono insieme, una comunione profonda che comincia dalla cintura in su, che si sviluppa poi in una comunione profonda, in un sentimento interiore.
C’è una crisi educativa in tutti gli ambiti: ci promettono che tutti diventeremo più ricchi… “Se tu mi dai il voto ti darò questo e quello… ti darò mille euro al mese… vedrai che anche tu avrai la casa in Sardegna…” è tutto un promettere, ma non c’è nessuno che parli del fallimento educativo della famiglia, della fragilità educativa della famiglia, della scuola… Oggi è diventato difficilissimo per un insegnante fare un intervento educativo, perché oggi nella scuola non vale più il ruolo educativo, ma vale poco anche nella famiglia.
Pensate alle coppie che si dividono appena tornate dal viaggio di nozze! “Ma perché vi siete divisi?” “Perché non me la sento”. Dobbiamo capire che l’amore non è soltanto un sentimento, l’amore è anche un fatto razionale. Mia madre è morta quattro anni fa, a 103 anni, ma io ho capito di voler bene a mia madre quando non riusciva a dormire di notte e quando ero io ad assisterla, mi diceva: “Bruno, dai che ci alziamo!” “Ma sono appena le due!” e dopo solo un quarto d’ora di nuovo “Bruno, dai che ci alziamo!”. Lì, capisci cosa vuol dire voler bene, che non è solo un fatto di sentimento! A volte mi arrivano delle coppie che hanno scoperto che l’altro è diverso da quello che hanno conosciuto e dico “Cosa avete fatto fino adesso? Come vi siete conosciuti? Dove? Cosa avete fatto per conoscervi?”.
Quando tengo i corsi ai fidanzati che desiderano il matrimonio religioso c’è una frase che li inchioda: “Ma avete pregato qualche volta insieme?” Nessuno. Certo, è più facile andare a letto un quarto d’ora dopo che ci si è conosciuti che dire insieme una preghiera! Mettere insieme il corpo è mettere insieme la parte esterna, mettere insieme l’anima, invece, è mettere insieme la parte più profonda di noi. È un modo per dirvi che oggi vivere l’amore ci chiede di esplorare cose che abbiamo abbandonato.
Amore vuol dire testualmente: ti valorizzo, ti voglio bene. Il concetto di amore mette insieme una complessità di cose: la spiritualità, il lavoro, l’intelligenza… mette insieme tantissime cose e amare diventa allora complesso perché ognuno si porta dietro il bagaglio, le pesantezze della vita…
Oggi vedo una fragilità nella famiglia, anche perché siamo passati da una famiglia normativa alla famiglia protettiva. Cosa intendo con questa espressione? La famiglia normativa era quella in cui il papà e la mamma avevano un ruolo molto preciso: la mamma di accogliere le istanze e di ammortizzare i problemi, il padre di dare le regole. Tante volte andavo da mia mamma e le dicevo: “Voglio andare in Inghilterra” e la sua risposta era immancabilmente la stessa: “No, Bruno, non ci sono i soldi” però aggiungeva: “Stai qua, ci sono i tuoi fratelli, vedrai che quest’estate… Dai, stasera faccio la torta!” Insomma capivi che, poveretta, era impotente… con cinque figli, mandarli a scuola e senza soldi… non erano bruscolini!
Poi veniva il momento in cui le dicevo: “Vorrei stasera uscire” e mi rispondeva “Chiedi a tuo padre”. La mamma ascoltava, la mamma mediava, la mamma ammortizzava, ma mi ricordo che una volta mia madre non mi ha fatto da mediatrice ed è stato quando avevo 19 anni e non ero ancora in seminario. Mi piaceva una ragazzina e però si capiva che a lei piacevano anche altri ragazzi e quando ho detto a mia madre: “Stasera vorrei andare nel paese qui vicino a ballare”, subito mi ha chiesto: “Con chi?”. “Con Beatrice”. Beatrice era fuori ad aspettarmi… e mia mamma, che è sempre stata molto composta, quella volta mi disse subito: “No, con la Beatrice non ci vai!”. Beatrice ha sentito, io sono sprofondato non so, forse sotto le sedie, poi sono andato in camera e non mi sono più fatto vedere! Ricordo solo che ho sentito Beatrice dire a mia madre: “Signora, suo figlio non glielo mangio!” Forse è per quello che sono diventato prete, mia madre mi ha messo al sicuro!
Tutto questo per dirvi che oggi questa famiglia normativa non c’è più, si è fatta avanti la famiglia protettiva “al figlio non deve mancare niente!” ed è una famiglia che pian piano diventa sostitutiva del figlio, una famiglia che prende il posto del figlio, diventa il suo badante e gli impedisce di prendersi le sue responsabilità. Questo produce due tipologie di personalità: quella dalla personalità insicura, che rimane in casa, ha sempre bisogno del papà o della mamma… oppure quella del bullo e guardate che i bulli di oggi non sono più cattivi degli altri, sono soltanto maleducati.
Il bullo non imparerà mai ad amare, perché il bullo ha una famiglia che si è sostituita a lui e questo è uno dei punti più gravi su cui la famiglia deve soffermarsi a meditare. I genitori devono essere normativi, i figli hanno bisogno del padre normativo, del padre che mette i paletti, che ti dice che delle cose aiutano a crescere e altre no.
Noi veniamo tutti al mondo con due caratteristiche: nasciamo egocentrici, cioè centrati su noi stessi e xenofobi, cioè con la paura dello straniero, della diversità, dell’estraneo. L’egocentrismo è tipico del bambino che viene al mondo.Al bambino che fa i capricci, che batte i piedi perché vuole un regalo, non importa niente se avete il mutuo da pagare, se non avete i soldi in tasca perché magari quel giorno li avete lasciati a casa… Per farlo crescere bene occorre educarlo!
Provate a pensare a una persona che non sa spartire, non sa condividere! Vedrà sempre gli altri come elementi di disturbo. Io dico sempre che un egocentrico è un pugno chiuso, è uno che non ha imparato ad aprirsi agli altri, non ha imparato ad aprire la mano per metterla con quella degli altri. Educare un bambino all’amore vuol dire educarlo aprirsi, insegnargli che non ha solo dei diritti…
Quando io sento mia nipote acquisita, la moglie di mio nipote, che ha due figli: Michele di 23 anni e Camilla di 18 che mi dice delusa: “Oggi avevo dato il compito a Michele, che ora frequenta l’università, di farmi trovare sul fuoco l’acqua della pasta e di accendere il riscaldamento, ma tornata a casa cosa ho trovato? La casa fredda, sul fuoco nemmeno la pentola con l’acqua della pasta… e Michele che stava giocando alla playstation…”.
Le ho detto: “Antonella, tu sei diventata la badante di tuo figlio!”. Sono bravi ragazzi, ma non educati alla responsabilità! Io per loro sono diventato “lo zio della pipì” perché quando ancora erano piccoli spiegavo loro i danni che fa sul cervello tutto quello che beve o che mangia un ragazzo.
Fino a 21 anni (qualche medico se è presente lo può confermare) il cervello del ragazzo cresce e tutto quello che il ragazzo mette dentro: caffè, fumo, droga… tutto lascia delle tracce che a volte sono impercettibili, ma a volte lasciano segni per tutta la vita. Il ragazzo diventa più nervoso, più irascibile e questo è stato dimostrato scientificamente. Dicevo: “Michele, se io fossi il tuo papà controllerei sempre se tu fumi, se tu bevi… se prendi gli spinelli…” E lui mi diceva: “Come faresti ad accorgerti?”
Gli rispondevo: “Ti farei fare ogni tanto le analisi delle urine per vedere cosa hai preso.” Voi non crederete, ma a Michele è rimasto il terrore di bere e di fumare, paura che qualcosa possa rovinargli il cervello!” Vedete che alcuni messaggi, se dati adeguatamente, diventano incisivi?
Io sono convinto che al giorno d’oggi la difficoltà più grande delle famiglie sia di dare delle regole. Oggi i due modelli educativi che vengono avanti sono uno più fallimentare dell’altro: il primo è il “modello delle “competenze”: l’’importante è che sappia bene l’inglese, che vada a studiare all’estero, che sappia usare bene il computer, che faccia questo, che faccia quello… e se ci pensate bene non c’è un’attenzione a farlo crescere umanamente!!!
L’altro modello è quello che io chiamo “il mito del buon selvaggio”: “Poverini, lascia che si divertano perché arriverà il momento nella vita in cui dovranno prendere sul serio le cose e allora capiranno.” Voi sapete che come piantumate un albero… cresce!
Domani mi troverò a Milano e con gli alpini e alcuni politici e chiederò il servizio civile obbligatorio per tutti i giovani: io credo che la società debba chiedere ai giovani di diventare responsabili del bene comune! Guardate che non sto dicendo che i giovani di oggi siano cattivi, è il mondo degli adulti che non chiede più ai giovani di volare, ma fa fare loro il volo della quaglia, li lascia a terra perché “poverini…” È una realtà che ci deve far pensare!
Io credo che oggi una sfida enorme fra l’ educazione e l’ amore ci venga dal mondo digitale.
Il preside di una scuola mi ha mandato in visione il tema libero svolto da un bambino di quinta elementare.
Quando l’ho letto, sono rimasto sconvolto per le cose scritte e vi dico che mi sono sentito imbarazzato, mi sono vergognato e ho detto al preside di avvertire subito il padre. Era un ingegnere e sapete cosa ha detto?
Che sapeva lui come educare suo figlio! Ma un ragazzo di 11 anni, che conosce tutte le realtà comprese le perversioni, vuol dire che a casa ha avuto e ha la possibilità di navigare e anche di vedere cose che io, in tutta la mia vita, non avevo mai visto e sentito. Questo è un caso limite e non voglio buttare la croce sulle spalle dei genitori, ma i genitori devono più che mai vigilare perché i ragazzi non siano travolti dalla pornografia.
Quanto tempo lasciamo “navigare” i nostri ragazzi incontrollati, in solitudine? Basta pochissimo per distruggere la coscienza di un bambino di 11 anni! Io penso che oggi il mondo dei media è un mondo meraviglioso, ma pieno di rischi!
Ricorderete sicuramente il caso di quelle ragazzine di Reggio Emilia che si fotografavano e scambiavano foto con i particolari intimi del loro corpo… foto che in seguito sono finite in rete ed ora sono diventate pagine pornografiche che stanno girando il mondo…
Sono cose che sfuggono al controllo, diventano una catena di Sant’Antonio perversa! Questo problema della pornografia, che interessa anche il mondo degli adulti, è molto grave.
Quando veniamo al mondo siamo anche xenofobi, abbiamo paura della diversità. Il bambino piccolo che vede un estraneo entrare in casa si mette a piangere e allunga le mani verso il papà o la mamma per farsi prendere in braccio. Questa xenofobia ce la portiamo dentro come cultura per tutta la vita e anche oggi c’è una paura diffusa verso l’estraneo, il diverso!
Abbiamo creato dei tabù insormontabili (pensate a come per tanti anni abbiamo messo in croce un omosessuale che aveva la sola colpa di essere nato così!)
Questa è xenofobia di gente che non è stata in grado di crescere ed amare! Anche all’interno della Chiesa abbiamo vissuto questi moralismi che sono diversi dalla morale (moralismo è sentirsi a posto perché Dio condanni il comportamento di altri e questa non è certamente capacità di amare!).
Per concludere propongo a voi genitori due cose: la prima è di volervi bene e di cercare di farlo vedere ai vostri figli. Lasciatemi raccontare un altro aneddoto personale: io ho perso il padre improvvisamente quando era sposato con mia madre da 44 anni.
Mi ricordo che alla sera dopo il funerale la mamma ha cambiato tutto il letto e ci ha detto: “Adesso andate tutti a casa vostra che io sto qui a casa mia da sola” e al mattino presto del giorno dopo tutti siamo andati per chiedere: Mamma, com’è andata stanotte?
Sei riuscita a dormire?” e lei ci ha guardato e ci ha detto: “Insomma…” per dirci che aveva dormito male e allora stupidamente io le ho chiesto: “Allora cosa hai fatto?”. “Ho cercato tutta notte i piedi di papà.”
Può sembrare una cosa banale, ma dopo 44 anni sentire quelle parole di mia madre mi ha raccontato un’infinità di bene che c’era fra i miei genitori, mi ha raccontato la tenerezza che c’era fra loro e quella frase mi ha commosso molto.
Ai figli s’insegna vivendo! Allora la prima cosa che dico a voi coppie cristiane è che insegnare ad amare vuol dire ritrovare il senso di esservi sposati nel Signore (non solo in chiesa), perché chi ha celebrato un sacramento (la parola sacramento vuol dire segno) deve dire: “Prima eravamo ognuno alla nostra casa, ora siamo segno di Gesù nel mondo”.
Questo vuol dire “sacramento”! Noi siamo diventati operai assunti a tempo indeterminato per far vedere cosa vuol dire essere di Gesù. Detto così sembra teologia astratta, ma poi, calata nella vita, nella vita della coppia, cosa vuol dire tutti i giorni domandare: “Ma noi siamo segno di Gesù? Il modo in cui ci amiamo è segno che siamo suoi?” E guardate che non è solo un discorso di coerenza di coppia cristiana, ma è ritrovare i valori della vita cristiana e trasmetterli ai ragazzi.
Oggi c’è la preoccupazione che tutto sia moralismo, ma solo chi ha la mia “anagrafe” è cresciuto con tanti esami di coscienza, a volte con una puntigliosità persino esagerata! Mi ricordo che un giorno è venuto il prete in casa da mia madre e le ha detto: “Non si vergogna di avere una figlia così?” solo perché si era messa i jeans per andare a lavorare. Saranno stati gli anni ’50, ’60 e c’erano questi moralismi, che vedevano il male anche dove non c’era!
Era un’esasperazione esagerata della coscienza!
Oggi, però, siamo passati all’eccesso opposto. Io credo che la morale sia importante se vogliamo educare i nostri ragazzi all’amore, non il moralismo, ma noi siamo in debito verso le nuove generazioni perché non insegniamo che è sbagliato pensare che tutto si equivale!
Oggi c’è quel buonismo cretino che è il contrario del moralismo.
Il moralismo dice: “Noi vediamo male dappertutto” e allora condanni tutto, non hai più amore per nessuno e questo è sbagliato, ma dall’altra parte c’è il buonismo che non vede il male da nessuna parte, che dice che “bisogna chiudere gli occhi su tutto”!
Io dico sempre che noi dobbiamo tornare a dirci le cose con chiarezza, non possiamo fingere che se tu vuoi essere moderno tutto va bene!
È passata adesso una legge sulle “disposizioni finali sul trattamento di fine vita” e io sono d’accordo che una persona abbia anche il diritto di decidere.
Dopo aver parlato con politici, ho dedotto che il titolo esatto della legge doveva essere “informazioni anticipate sul trattamento di fine vita”, perché può darsi che un domani, quando mi troverò in certe situazioni, ci siano nuove variabili, abbiano scoperto nuove medicine, la mia famiglia abbia più possibilità… e capite che scrivere “disposizioni anticipate” vuol dire che nella mia vita sono io il solo arbitro, è lasciar passare il messaggio che la vita vale solo quando è perfettamente integra!
Questo è il messaggio che sta passando e per questo dobbiamo incontrarci con le nuove generazioni, per dire loro che certamente ci sono dei diritti, ma ci sono anche cose
che non funzionano!
Nel suo libro “De civitate Dei” (di cui non esiste l’originale che risale al 1420) S. Agostino scriveva una cosa terribile: “Quando una democrazia non riconosce più un bene e un male oggettivo, ma decide ciò che è bene e ciò che è male a colpi di maggioranza politica, cessa di essere una democrazia e diventa un’associazione a delinquere”.
Guardate che anche la nostra non è più una società dove riusciamo a dire che qualcosa è bene e qualcosa è male, non esiste più nessun bene e nessun male oggettivo e questo mi fa impressione! Lo si decide a colpi di voti in Parlamento che cosa è il bene o il male e io penso che anche educare all’amore domandi un vero orizzonte cristiano che parte dalla testimonianza dei genitori e che poi si traduce in uno spirito cristiano.
Quando vado in RAI, non mi ascolta più nessuno quando dico che il venir meno del rispetto della vita porta ai femminicidi, alla fascistizzazione degli stili di vita, al razzismo violento e ai disordini che ci sono negli stadi…
A Verona pochi giorni fa dei ragazzini hanno bruciato vivo un clochard, per combattere la noia, per divertirsi…
Educare all’amore vuol dire reintrodurre lo spirito cristiano, reintrodurre quel senso di civiltà che ci fa sentire responsabili degli altri.
Com’è bella la non violenza dei genitori che sanno controllare l’aggressività, che trasmettono ai figli l’idea che i contrasti vanno risolti con il dialogo!
Mia mamma ha inciso molto sulla mia educazione e mi diceva: “Bruno, non andare mai a letto col rancore, perché tu stai male, ma gli altri non sentono niente!” ed è vero.
Occorre insegnare ai figli la capacità del perdono perché, quando stai in pace col tuo cuore stai bene, quando vai a letto la sera e dici al Signore: “Oggi ho cercato di vivere in pace con tutti” sei sereno. Per insegnare ai nostri ragazzi ad amare occorre abituarli a non mettersi sempre al centro, a non prendersi troppo sul serio, a sdrammatizzare, a rinunciare a quella competizione, a quella voglia di voler essere sempre i primi!
Adesso vi faccio ridere. Io ero il “piccolo” della casa, ho vissuto 30 anni con mia mamma e un debole per me l’aveva… era inevitabile. Poverina, lei non lo ammetteva. Un giorno, però, le ho chiesto “Dai mamma, di’ la verità che hai un debole per il tuo Bruno!
Vedi il suo nome su tutti i giornali, qualche volta è alla tele (spesso anche lei è venuta alla RAI con me), scrive libri, va di qua, va di là, lo intervistano…”. Sapete cosa mi ha risposto da contadina qual era? “Sta coi piedi per terra, perché anche il nome dei Corleoni sta su tutti i giornali!”.
E allora stiamo con i piedi per terra! Auspichiamo che ci siano tanti genitori così, che insegnano che nella vita contiamo solo per “uno”, cioè come tutti gli altri, che insegnano che dentro di noi dobbiamo avere la presenza del Signore, che insegnano che anche i più fragili in fondo ci aiutano ad essere nella gioia se gli vogliamo bene e li facciamo sorridere…
Quando avrete imparato questo, quando avrete insegnato ai vostri figli a pulire la casa, a darvi una mano, a fare dei piccoli servizi… (magari all’inizio saranno un po’ reticenti!), si sentiranno utili e impareranno ad amare se stessi e questo li porterà automaticamente ad amare anche gli altri e… mi fermo qui per dare spazio alle vostre domande!