IL TRICORNO DEL BEATO PALAZZOLO
Anniversari delle Suore delle Poverelle, 16 giugno 2018.

Nei giorni scorsi, in occasione della Peregrinatio, moltissimi fedeli hanno venerato le reliquie di san Giovanni XXIII a Sotto il Monte. Diverse suore delle Poverelle hanno offerto il loro servizio per guidare l’adorazione e la visita a Ca’ Maitino. Nell’urna si vedeva papa Giovanni XXIII vestito con gli abiti che indossava ordinariamente da pontefice. Forse qualcuno avrà osservato il copricapo che portava, chiamato Camauro, un berretto di velluto rosso.

Il camauro è un elemento insignificante della vita del papa, un oggetto marginale rispetto alla grandezza della sua santità. Ma a volte le cose insignificanti contengono messaggi preziosi. In questa riflessione vorrei parlarvi di una cosa insignificante del beato Palazzolo: il suo tricorno. Si chiama tricorno perché ha tre alette rigide che permettono di prenderlo in mano facilmente. In quasi tutti i suoi quadri il beato Palazzolo è raffigurato con il tricorno.

– Quando avvicina i ragazzi poveri per strada ha in testa il tricorno.
– Quando abbraccia un bambino povero ha in testa il tricorno.
– Quando medica il capo ferito di un ragazzo ha in testa il tricorno.
– Quando è seduto a tavola davanti a un piatto di polenta ha in testa il tricorno.
– Il tricorno è stato collocato perfino nell’urna che conserva le sue reliquie.

In questa celebrazione in cui si ricordano
– 16 suore che festeggiano il 50° di professione religiosa,
– una suora che festeggia il 40°,
– una suora che festeggia il 25°,
vorrei parlarvi del tricorno del Palazzolo, non tanto per descrivere il suo guardaroba, ma per individuare, nel suo povero copricapo, alcune caratteristiche della vita generosa delle suore che oggi festeggiamo il loro anniversario di consacrazione. Senza offendere nessuna di voi, vorrei dire che la vostra vita consacrata somiglia al tricorno del Palazzolo. Ci sono tricorni diversi.

– Quello rosso, portato dai cardinali.

Fra pochi giorni (29 giugno 2018) papa Francesco lo imporrà la berretta cardinalizia a 14 nuovi Cardinali. In passato i capi di Stati cattolici, come l’Italia, la Spagna, la Francia, il Portogallo, avevano il diritto di imporre loro stessi la berretta al nunzio apostolico che fosse stato creato cardinale. Così avvenne nel 1953, a Parigi. Nel palazzo dell’Eliseo, il presidente della Repubblica francese, Vincent Auriol, socialista e ateo, impose la berretta cardinalizia a monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, per nove anni Nunzio Apostolico in quella sede diplomatica.

– Quello violaceo, portato dal vescovo.
– Quello nero con il fiocco violaceo, portato dai canonici del Duomo.
– Quello tutto nero, portato dai preti comuni, semplici.

Il Palazzolo portava il tricorno nero, quello più umile, più semplice, più comune. Voi, suore somigliate al tricorno del beato Palazzolo per tre motivi.

– Il tricorno serve a indicare l’identità del prete.
– Il tricorno serve a proteggere la testa dalla pioggia.
– Il tricorno serve a tenere calda la testa d’inverno.

1. Il tricorno serve ad indicare l’identità del prete.
Il tricorno serviva innanzitutto ad esprimere l’identità di un sacerdote. Lo si vede nei quadri di san Giovanni Bosco (anche se nella sua urna non hanno messo il tricorno), nelle fotografie dei parroci conservate nelle nostre sacrestie, in alcune delle fotografie del giovane don Angelo Roncalli. Se si vedeva una persona per strada col tricorno nero si riconosceva subito la sua identità: era un prete. L’identità di un prete è indicata dal tricorno e dalla veste, ma non sta certamente nel vestito che indossa. Sta invece nella relazione d’amore che costruisce con il Signore. Lo stesso vale per voi suore: la vostra identità, che è espressa esteriormente dall’abito che indossate e dal velo, sta nella testimonianza di carità che offrite, che attinge dalla relazione d’amore con Cristo. La vostra identità non consiste primariamente nelle attività che svolgete (non siete assistenti sociali, insegnati o infermiere), ma nella motivazione per cui le svolgete e nello stile d’amore. La colletta della messa di oggi ci ha fatto pregare così: “Soccorrici con la tua grazia, perché possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere”. L’identità, prima che nelle opere, si esprime nelle intenzioni di amore per Cristo che sostiene il vostro agire. In questi 25, 40, 50 anni di vita consacrata, voi, sorelle, siete rimaste fedeli alla relazione d’amore con il Signore Gesù.

Questo è il mistero della vostra più profonda identità. In una sua Lettera il beato Palazzolo scriveva: “Ti ripeto di usare carità con le povere fanciulle immaginandoti di servire a Gesù Cristo… Reputatevi serve perché dice Gesù Cristo che è venuto a servire e non ad essere servito”. (Lett. Fond.)

“Nelle orfanelle riconoscete Gesù Cristo! Non sdegnate di rendere loro i più bassi servizi perché in quel corpo piagato, pieno di miserie sta un’anima riscattata dal Sangue prezioso di Gesù Cristo”. (Processi)

2. Il tricorno serve a proteggere dalla pioggia.
Voi somigliate al tricorno del Palazzolo perché la vostra vita è finalizzata a proteggere i più poveri, i più deboli, i più abbandonati. Ogni genitore vuole proteggere i suoi figli. Maria e Giuseppe hanno protetto Gesù.

– Lo hanno protetto dal freddo quando è nato
– Lo hanno protetto da Erode quando lo voleva uccidere.
– Lo hanno protetto dalla solitudine quando a 12 anni si era fermato a Gerusalemme.

Immagino lo abbiano protetto in molti altri modi nei trent’anni che ha trascorso con loro.

– Forse qualche volta si sarà tagliato lavorando nella bottega di Giuseppe, facendo il falegname. Lo avranno protetto da una infezione.
– Forse avrà avuto la febbre alta per qualche malattia infantile e avrà sudato abbondantemente. Lo avranno protetto dalla disidratazione dandogli da bere.
– Forse sarà caduto giocando e avrà corso il rischio di picchiare la testa o di non raddrizzare bene un piede o un braccio. Lo avranno protetto fasciandolo bene.
– Forse qualche ragazzo avrà litigato con lui e lo avrà preso a pugni. E loro lo avranno protetto.
– Forse qualche giovane prepotente lo avrà insultato e offeso. E loro lo avranno protetto difendendolo da accuse ingiuste.

Ma è venuto il giorno in cui non hanno più potuto proteggerlo.

– Giuseppe, nel momento della sua malattia avrà sofferto al pensiero di non poter più proteggere quel figlio che tanto amava e che stava entrando nell’età adulta.
– Maria avrà sofferto immensamente quando lo avrà visto flagellato e crocifisso e non è riuscita più a proteggerlo.

Il 4 marzo 2016 una banda di uomini armati sono andati all’assalto di una casa di riposo per vecchi e disabili condotta dalle Missionarie della Carità, le suore di Madre Teresa, ad Aden, nello Yemen. I miliziani dell’ISIS sono arrivati alle 8.30 del mattino. Hanno prima ucciso una guardia e l’autista. Poi quattro donne che lavoravano nel complesso. Poi hanno catturato le quattro suore. Le hanno legate alle sedie, poi hanno sparato alla testa. Le quattro sorelle, anziché fuggire, avevano scelto di radicarsi nel luogo della massima povertà. Non hanno pensato di abbandonare quei loro vecchi, ma di rimanere per proteggerli. Un anno prima aveva scritto una lettera alle consorelle di Roma: “Ogni volta che i bombardamenti si fanno pesanti noi ci inginocchiamo davanti al Santissimo esposto, implorando Gesù misericordioso di proteggere noi e i nostri poveri e di concedere pace a questa nazione. Come faremo a sfamare domani i nostri poveri? Sono molto anziani, alcuni non vedenti, altri con disabilità fisiche o mentali.

Subito iniziamo il nostro lavoro pulendo, lavando, cucinando utilizzando gli ultimi sacchi di farina e le ultime bottiglie d’olio proprio come la storia del Profeta Elia e della vedova. Insieme viviamo, insieme moriamo con Gesù, Maria e la nostra Madre Teresa di Calcutta”.

Sono rimaste per proteggere i poveri, a prezzo della vita.

3. Il tricorno serve a tenere calda la testa.
Il terzo beneficio che dà il tricorno è che d’inverno, quando fa freddo, conserva calda la testa. Simbolicamente ricorda che in molte delle vostre attività voi siete chiamate a scaldare il cuore alle persone. Le persone hanno bisogno di cibo, di vestiti, di cultura, ma hanno anche bisogndi vicinanza, di ascolto, di speranza, di bontà. Voi somigliate al tricorno del Palazzolo quando scaldate il cuore delle persone.

Testimonianza di due orfani al processo di beatificazione:

«Avevo cinque anni, orfano di padre e di madre… Il Palazzolo non faceva paura a noi bambini, aveva una faccia da angelo, ci chiamava “scetì, scetì”. Qualche volta assaggiava anche la polenta per assicurarsi che fosse ben cotta”. “Noi orfane lo consideravamo come un papà e non come un superiore… Si obbediva con amore, senza alcun sentimento di paura. Qualche volta l’ho visto anche nel refettorio, con un grembiule bianco e con le maniche riversate, a servire le suore e le orfanelle…». (Processi).

Conclusione
Spero di non avervi offese paragonandovi al tricorno del Palazzolo. È un pezzo del suo arredo molto povero e insignificante. Facilmente la pioggia o il sole lo rovinano, e la polvere lo sciupa. Dopo averlo usato per qualche anno viene sostituito e messo da parte. Ma questo indumento così povero ha dei privilegi.

– È collocato poco sopra gli occhi: chissà quante povertà, solitudini, lacrime, voi avete visto.
– È collocato vicino alle orecchie: chissà quante confidenze avete ascoltato, quante richieste di aiuto, quante ingiustizie subite.
Il vangelo di oggi parla del granello di senape. È il più piccolo di tutti i semi, ma fa rami grandi così che gli uccelli possono fare il nido alla sua ombra. Custodendo i poveri avete custodito Gesù.

Nel 2017 è uscito il romanzo di MARIAPIA VELADIANO, intitolato “Lei”. L’autrice narra le riflessioni che Maria faceva man mano vedeva crescere il suo bambino. Dopo l’inizio della vita pubblica di Gesù, alcune persone vanno a trovarla e a porle domande: Nicodemo, Giuda, Pietro, la donna curva guarita, Giovanni. Gesù era uscito da qualche tempo da casa. Era partito per la sua missione. Maria non sapeva cosa stava facendo, né cosa stava dicendo, né come lo stessero accogliendo. Una mattina presto trova addormentato per terra davanti alla porta di casa a Nazaret un giovane che lei non conosce. All’inizio Maria pensa: “Come mai questo giovane è qui davanti a casa mia? Forse mi porta cattive notizie?”. Lo invita ad entrare in casa e gli offre del pane. Poi gli chiede: “Hai visto mio figlio?”. “Sì, sul lago. Ha comandato ai pesci e ha riempito le nostre reti vuote, dopo una notte senza frutto”. Poi il giovane le dice: “Mi chiamo Giovanni, sono figlio di Zebedeo e ho un fratello che si chiama Giacomo. Voglio chiederti di Gesù… Sono venuto a chiederti se è il Messia. Aspettiamo tutti il mondo nuovo, il regno della giustizia. La fine del sopruso. È il Messia vero?”. Maria chiede: “Mangia abbastanza?”. Giovanni dice: “Non lo so. Io lo ascolto. Quando lui parla non c’è niente che conti. Non ho più paura”. Prima di salutare quel giovane, Maria gli dice: “Non fargli del male”. Gli prende dolcemente le mani e gli dice nuovamente: “Non fargli del male. Anche quando non capirai”. E Giovanni la tranquillizza: “Io ci sarò, Maria. Lui mi permetterà di esserci. Non so dove, non so che cosa accadrà. Ma io ci sarò”.

Carissime suore, grazie perché anche voi in questi 25, 40, 50 anni, con fedeltà avete continuato a dire a Cristo: “Gesù, non so dove sarò, non so che cosa mi accadrà nella mia vita consacrata, ma io ci sarò sempre per custodirti dentro di me e nel cuore dei fratelli”.

Mons. Davide Pelucchi